Igor Cassina

Concentrati sui tuoi obiettivi e i tuoi sogni, il vincente sarai tu!

“Guardatelo bene, è un punto esclamativo pervaso da energia, venuto dallo spazio. Si chiama Igor Cassina, e non ce n’è per nessuno”. E fu così che un ragazzo di Meda, paesino della Brianza, a cui da piccolino nessuno aveva dato speranze di poter ben figurare nella ginnastica, salì nell’Olimpo. 23 agosto 2004, Atene, il palazzetto dello sport in delirio, le parole del commentatore Rai Andrea Fusco che rimarranno nella storia dello sport azzurro. Venuto dallo spazio perché nessuno prima di lui aveva osato tanto su quella sbarra, l’attrezzo più rischioso tra i sei della ginnastica artistica maschile. Venuto dallo spazio perché solo un marziano poteva immaginare di eseguire un doppio salto indietro teso con avvitamento e ripresa dell’attrezzo, elemento inventato e affinato assieme al suo tecnico, portato per la prima volta da Igor nel panorama mondiale ed entrato di diritto nel codice internazionale dei punteggi come “movimento Cassina”.

di Ilaria Leccardi

Igor, pensi spesso al giorno della vittoria olimpica?

Mi capita di pensarci e l’emozione è sempre grande. Grande è soprattutto il mio grazie verso la mia famiglia, i miei genitori, coloro senza i quali non avrei potuto coronare quel sogno.

L’ex presidente della Federazione Internazionale di Ginnastica, Bruno Grandi, recentemente scomparso, ti ha definito un “innovatore”. I tuoi compagni di Nazionale scherzavano, dicendo che al momento giusto inserivi “il chip da gara” e non sbagliavi un colpo. Ma nella tua carriera non è stato tutto semplice.

Be’ certo. A partire dall’inizio. Quando entrai per la prima volta in palestra nessuno credeva che avrei potuto fare strada nella ginnastica. Ero longilineo, mingherlino e poco sciolto. L’esatto contrario di ciò che un allenatore di ginnastica artistica spera di trovare in un ragazzino che arriva nella sua società sportiva…

La mia forza è stato avere passione e credere in un sogno. Anche dopo gli infortuni e i momenti no.

Sono stati molti?

Della ginnastica mi sono innamorato quasi subito e il mio sogno olimpico è nato anche grazie a un grande campione, Dimitri Bilozerchev, ginnasta russo che fu vittima di un gravissimo incidente in auto, ma riuscì a tornare in gara e vincere i Mondiali. Una storia incredibile, che quando avevo dieci anni mi diede il coraggio di riprendermi da un serio infortunio e mi aiutò a consolidare gli obiettivi verso il traguardo più importante. Un altro momento difficile fu sicuramente l’anno 2006, quando per la prima volta in vita mia provai paura, la paura di eseguire il “mio” movimento, quell’automatismo che a un certo punto non sentivo più mio. Caddi in gara, durante i Mondiali, mi feci male. Decisi di fare un passo indietro, per poi farne due avanti. Abbandonai per un periodo il “Cassina”, tornai alle gare e alle medaglie. E poi lo ripresi, più sicuro di prima. E a Pechino 2008 sfiorai nuovamente la medaglia olimpica che mi sfuggì per una piccola sbavatura. Mi rifeci l’anno successivo, ai Mondiali, con il bronzo. L’ultima medaglia internazionale della mia carriera.

La tua è una storia straordinaria, coronata da un oro olimpico che era il tuo sogno di bambino. Ma non tutti coloro che puntano a un sogno riescono a raggiungerlo…

Sono convinto che più che il risultato sia necessario concentrarsi sulla serenità come elemento primario del proprio percorso. Nel momento in cui so che sto facendo tutto ciò che serve per raggiungere il mio obiettivo e il mio sogno, e lo sto facendo in maniera etica, professionale e convinta, devo essere sereno. Poi può succedere che lungo la strada trovi degli ostacoli, una giornata no, un avversario più forte, minori possibilità di altri.

Ciò che deve darci soddisfazione non è il risultato in sé, ma il percorso che abbiamo attraversato per inseguire il nostro sogno.

Insegnante, allenatore, commentatore tecnico. Dopo il ritiro dall’attività agonistica hai intrapreso tante strade. Di cosa ti occupi oggi nella vita di tutti i giorni?

Sono un coach nel settore del benessere, lavoro per migliorare le abitudini quotidiane delle persone, facendo capire loro che in maniera semplice alcune abitudini si possono migliorare e si può raggiungere il benessere, fisico ma non solo. Lavoro con sportivi per migliorare le performance, ma anche con persone comuni che vogliano raggiungere obiettivi specifici, come aumentare la massa muscolare, perdere peso, ritrovare più energia, concentrazione, evitare la stanchezza quotidiana.

Lavori per il benessere altrui, ma non hai perso la voglia di affrontare delle sfide. L’ultima si chiama maratona e nel novembre scorso ti ha riportato ad Atene, 15 anni dopo quello storico oro alla sbarra…

È stato magico tornare in quella città che nel 2004 mi aveva dato la possibilità di realizzare il sogno della mia vita. Così come era stato per la prima maratona che ho corso a Treviso nel 2016, in omaggio alla città della mia compagna Valentina, ho deciso di affrontare questa sfida per restituire qualcosa alla città di Atene. E vi assicuro che per un ginnasta correre una maratona è tutt’altro che semplice, visto il diverso tipo di preparazione fisica e allenamento. Per i ginnasti la corsa è poco più che un riscaldamento, mentre correre una maratona richiede la ripetizione di un gesto in modo costante e prolungato. Cosa a cui io non ero per nulla abituato. Ma è stata una nuova esperienza magica, vissuta poi in compagnia di alcuni cari amici e di mia sorella, che ha avuto la “responsabilità” di portarmi sulla strada del podismo. Correre i 42 chilometri di Atene, su un tracciato con 300 metri di dislivello, è stato seriamente impegnativo e molto duro. Per un paio di volte ho pensato di fermarmi per “riflettere” un attimo… mai arrendermi, ovvio! Per fortuna con me c’erano gli amici Aurelio e Simone che mi hanno sostenuto. E poi mi ha aiutato molto pensare a Riccardo, il figlio di Valentina. Spesso gli dico: “Ricky devi sviluppare l’abitudine di fare fatica, perché la fatica buona ti aiuterà a essere più forte”. E allora ho pensato: come posso tornare a casa senza aver centrato il mio obiettivo solo perché sono un po’ stanco… Così, ho recuperato tutte le risorse che avevo e sono andato avanti, fino alla fine. Da un punto di vista umano è stata un’esperienza che mi ha arricchito tantissimo, come ogni volta che mi metto in gioco per una sfida personale o di gruppo.

Dopo Treviso e Atene, prevedi di correre altre maratone?

Ad oggi non lo so, ma ho capito che con me stesso faccio fatica a dire: sarà l’ultima volta che faccio una determinata cosa. Certo, dovrei trovare come sempre una buona motivazione per intraprendere una certa sfida. Ma non metto paletti per il futuro. Tuttavia, nell’immediato tornerò in palestra per mettere su un po’ di massa muscolare.

E tornare sulla sbarra?

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Con la ginnastica lavori ancora?

Dopo aver allenato alcune stagioni, anche in serie A dove ho condotto la società Pro Carate a vincere il suo primo scudetto in oltre cento anni di storia, ora ho seguito un percorso diverso, di vita e professionale assieme a Valentina. Tuttavia mi chiamano spesso nel settore fitness e cross-fit per tenere dei workshop. Posso mettere in campo tutte le mie competenze.

E a Tokyo 2020 andrai?

Certo, come commentatore tecnico per la Rai, al fianco dell’amico Andrea Fusco. La ginnastica mi appassiona sempre moltissimo e mi emoziona.

Veniamo al tema della nostra campagna. Tu usi molto i social, anche per lavoro. Ti sei mai trovato in situazioni spiacevoli, attacchi gratuiti?

Al di là di qualche commento o punti di vista diversi su alcuni miei post, posso dire di no, nulla di distruttivo o di critico in modo gratuito. Ma spesso mi confronto con ragazzini e adolescenti, anche nelle scuole, e mi rendo conto che i social sono un’arma a doppio taglio, da una parte ti permettono di essere connesso con il mondo, dall’altra sono anche pericolosi e bisogna avere il giusto equilibrio nel dosarli. Così come i videogame, soprattutto gli ultimi usciti sul mercato, ne esistono alcuni molto violenti e anche in casa, con Riccardo, il figlio della mia compagna, abbiamo deciso di non utilizzarli.

Meglio una giornata di allenamento in palestra…

Sicuramente. Lo sport, e la ginnastica nello specifico, possono insegnare molto. In primis la disciplina, che ti porta ad avere rispetto e attenzione alle priorità, il buon comportamento di vita che ti permette di realizzarti nella vita: fare un po’ di quella fatica buona e sana, perché la vita non ti regala niente. Lo sport ti insegna ad affrontare le difficoltà della vita.

Nel percorso di ciascuno di noi possono arrivare difficoltà o momenti che sembrano insormontabili, ma ciò che fa la differenza è la capacità di reagire. La vita è un continuo mettersi in gioco e lo sport è una scuola anche da questo punto di vista.

Tu spesso incontri i giovani, fai eventi nelle scuole, parli ai ragazzi. Cosa diresti a un ragazzino che dovesse essere vittima di bullismo o attacchi da parte di coetanei?

Se penso al bullismo sono convinto che il successo vada sempre nella direzione opposta. Gli direi che deve imparare a fregarsene, in senso buono, di ciò che le persone fanno e pensano nei suoi confronti. Non è semplice, ma il segreto è avere degli obiettivi e concentrarsi su di essi, per diventare una persona migliore. Il fatto che qualcuno ci possa trattare male, arrivare a insultarci, è spiacevole, ma è una cosa che può capitare e che dobbiamo imparare a gestire. Il che non vuol dire “abituarsi a conviverci”, ma dobbiamo imparare a reagire. E anzi, anche questo può diventare un’occasione o uno spunto di miglioramento. A quel ragazzino direi: concentrati sui tuoi obiettivi e i tuoi sogni, il vincente sarai tu!